Oliviero Toscani: Provocazione e Brand Equity. Un’eredità per il Marketing 4.0 e per il Marketing dei Valori

Oliviero Toscani: Provocazione e Brand Equity. Un’eredità per il Marketing 4.0 e per il Marketing dei Valori

Oliviero Toscani. Il nome evoca immediatamente immagini forti, talvolta scioccanti, che hanno segnato la storia della pubblicità.  Ma al di là della provocazione, quale eredità ci lascia Toscani nel panorama del marketing 4.0 contemporaneo, sempre più attento ai valori e alle persone?

Qualche giorno dopo Gian Paolo Barbieri, ci lascia l’altro grande nome della fotografia italiana nel mondo: stiamo parlando di Oliviero Toscani, scomparso il 13 gennaio di amidoilosi a 82 anni.

Oliviero Toscani con la sua fotografia è stato testimone privilegiato dello spirito del suo tempo così a lungo da inventare un nuovo, peculiare e mai banale tipo di sguardo sul mondo.

E, soprattutto, un’idea di futuro.

Nell’approcciarsi in modo simile alla comunicazione ed all’immagine aziendale, si è dimostrato incredibilmente moderno, anzi un pioniere, un anticipatore di quello che sarebbe stato il marketing dei giorni nostri.

Ripercorriamo in questo articolo la straordinaria vita e la straordinaria carriera di Oliviero Toscani, per poi concentrarci sul suo lavoro e sulle sue campagne più iconiche nel loro rapporto con il Marketing 4.0 o Marketing dei Valori.

La vita e il lavoro di Oliviero Toscani

Oliviero Toscani è nato il 28 febbraio 1942 a Milano. Cresciuto in una famiglia con una vocazione artistica (suo padre Fedele è stato uno dei fotoreporter di punta del corriere della sera) Toscani ha iniziato a lavorare nel mondo della fotografia e della pubblicità fin dai suoi primi anni, diplomandosi in fotografia alla Kunstgewerbeschule di Zurigo.

Tra i lavori più noti, nel 1973 firmò le pubblicità dei jeans a marchio italiano Jesus assieme ai copywriter Emanuele Pirella e Michael Goettsche dell’agenzia Italia. Una di queste (che mostra le natiche semicoperte della modella Donna Jordan con lo slogan: «Chi mi ama, mi segua») diventerà una delle sue campagne provocatorie più iconiche, censurata da parte di magistratura, politica, cultura e Chiesa.

È difficile separare il lavoro redazionale di moda di Toscani da quello pubblicitario. La grande novità del suo approccio alla fotografia pubblicitaria, infatti, consiste nell’attingere a piene mani alle problematiche sociali del momento e inserirle nelle pagine patinate della pubblicità. Questo suo nuovo approccio trova il coronamento nel rapporto, iniziato nel 1982, con l’azienda Benetton. Toscani cura lo scatto e il concept delle campagne pubblicitarie: temi come l’uguaglianza, la mafia, la lotta all’omofobia, il contrasto al diffondersi dell’AIDS, la ricerca della pace, l’abolizione della pena di morte vengono per la prima volta proposti sui cartelloni stradali e sulle pagine pubblicitarie. Se una volta nella fotografia di moda tradizionale la vita di ogni giorno era un pretesto per parlare di un marchio di moda, adesso il marchio di moda diventa il pretesto per promuovere campagne di sensibilizzazione sociale.

Oltre alla sua carriera nel marketing, Toscani è anche un artista e regista, lavorando in diversi campi dell’arte visiva. Ha ricevuto numerosi premi per il suo lavoro e continua a essere un influente voce nel mondo della fotografia e della comunicazione, promuovendo l’idea che la pubblicità debba avere uno scopo sociale e una forte etica.

Marketing basato sui valori

Possiamo considerare Oliviero Toscani un anticipatore degli approcci basati sulla Brand Equity e uno dei più fini interpreti, ante litteram, di quel Marketing 4.0 teorizzato anni dopo da Philip Kotler.

In un’epoca in cui i consumatori sono sempre più consapevoli e sensibili ai valori delle aziende, il lavoro di Toscani è un esempio lampante di marketing basato sulle persone. Le sue campagne incapsulano l’idea che le aziende non debbano limitarsi a vendere beni, ma debbano promuovere messaggi che riflettano valori condivisi. Questo approccio permette alle aziende di costruire una relazione autentica con il proprio pubblico, aumentando non solo la fedeltà, ma anche l’identità e la reputazione del marchio.

Banalizzando il concetto, potremmo dire che, nel caso delle campagne pubblicitarie per Benetton, l’obiettivo non era vendere maglioni, ma generare un dibattito,  creare un’associazione mentale tra Benetton e temi sociali di grande rilevanza.

L’approccio di Toscani è stato audace e rischioso.  Le immagini provocatorie hanno generato polemiche, boicottaggi e persino ritiri dagli scaffali.  Questo dimostra che un marketing basato sulla provocazione richiede una profonda comprensione del proprio target e un’analisi attenta del contesto socio-culturale.  Non si tratta di shockare a tutti i costi, ma di utilizzare la provocazione come strumento per  far riflettere e suscitare emozioni profonde che i consumatori collegheranno al Marchio.

L’importanza della narrazione visiva

Le immagini di Toscani raccontano storie; raccontano la realtà in modo crudo e diretto. Questo è un elemento fondamentale per la brand equity: la capacità di narrare una storia che risuoni con il target di riferimento. Le aziende che riescono a utilizzare la narrazione visiva in modo efficace possono tradurre le loro missioni e visioni in collegamenti emotivi duraturi con i consumatori.

Lezione finale

Il caso di Oliviero Toscani ci insegna che il marketing e la comunicazione basati sui valori non sono solo una strategia, ma un imperativo per il successo nel mondo contemporaneo. Le aziende devono affrontare il rischio della provocazione, ma con la consapevolezza che ogni immagine e messaggio deve essere in linea con i valori genuini che rappresentano. Solo così è possibile costruire una Brand Equity solida e duratura.

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